Vittorio Foa
Nato il 18 settembre 1910 a Torino da una famiglia ebraica, da ragazzo frequenta il liceo D’Azeglio sotto l'insegnamento di un antifascista come Augusto Monti. Nel 1931 si laurea in Giurisprudenza e nel 1933 entra nel movimento di Giustizia e libertà. Inizia così un periodo di forte impegno politico contro il regime fascista.
Il 15 maggio 1935, all’età di 25 anni, viene arrestato su segnalazione di un confidente dell’Ovra (la polizia segreta fascista) e associato al carcere di Regina Celi. Denunciato al Tribunale speciale, è condannato a 15 anni di reclusione, che sconta prima nel carcere di Civitavecchia insieme ad Ernesto Rossi, Massimo Mila ed Ernesto Bauer, e successivamente nel carcere di Castelfranco Emilia (Modena).
Esce dal carcere il 23 agosto 1943, all’età di 33 anni. Riconquistata la libertà, partecipa attivamente alla Resistenza come dirigente del neonato Partito d’Azione, del quale diventa anche segretario nazionale insieme a Ugo La Malfa, Emilio Lussu, Oronzo Reale e Altiero Spinelli.
Nel 1947, dopo lo scioglimento del Partito d’Azione, si iscrive al Partito socialista italiano. Nel 1948 entra nella Cgil con l’incarico di direzione dell’ufficio economico. Nel 1953 viene eletto deputato nelle liste del Partito socialista e confermato anche nella III e IV legislatura. Nel 1955 diventa segretario nazionale della Fiom e nel 1957 entra a far parte della segreteria nazionale della Cgil a fianco di Giuseppe Di Vittorio, da lui considerato l’unico suo maestro e con il quale condivide l’idea, coltivata per tutta la vita, che un sindacato confederale forte e autonomo non possa che essere unitario.
Con Lelio Basso, Dario Valori e Tullio Vecchietti partecipa nel 1964 alla prima scissione “da sinistra” del Psi, dando vita al Psiup, che abbandona alla fine degli anni Sessanta. Agli inizi degli anni Settanta lascia gli incarichi sindacali e politici per tornare agli studi e alla libertà della ricerca: insegna Storia contemporanea nelle Università di Modena e di Torino, studiando la storia e le lotte del movimento operaio in numerosi volumi.
Nella prima metà degli anni Settanta partecipa a formazioni minoritarie della sinistra socialista (Pdup e Democrazia proletaria). Nel 1979 decide di astenersi per quattro anni (gli “anni del silenzio”) da ogni manifestazione politica.
Nella seconda metà degli anni Ottanta Foa torna a partecipare attivamente alle discussioni in atto nella sinistra italiana che sfociano nella “svolta” di Achille Occhetto del 1989 che segna la fine del Pci e la nascita del Pds. Foa, che comunista non è mai stato, viene eletto senatore nelle file del Pci-Pds (1987- 1992). Da allora abbandona definitivamente la politica e si ritira a vivere a Forma (Latina), con la sua compagna Maria Teresa (Sesa) Tatò, che ha condiviso per lui tutta una vita, per dedicarsi alla scrittura, ma con la mente e il cuore sempre rivolti alla politica e alla sinistra. Politica che, per Foa, deve avere le sembianze dell’innovazione e sinistra che deve significare “pensare agli altri e al futuro; o, meglio, pensare agli altri nel futuro».
Pur lontano dalla vita politica attiva esprime sentimenti di condivisione e vicinanza con l’Ulivo, i DS e poi il Partito democratico.
Nel 1998 viene insignito dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dal presidente Carlo Azeglio Ciampi.
La sua attività di studioso, di sindacalista e di uomo politico è stata sempre caratterizzata da una infinita curiosità, laica e intellettuale, che non è l'amore acritico per tutto ciò che è nuovo, ma il desiderio di capire e di esplorare le trasformazioni della società e delle persone, i temi e i linguaggi diversi che tali trasformazioni producono. La sua curiosità è fiducia verso il futuro, desiderio di superare le mosse lineari e predeterminate della torre - per citare uno dei suoi libri «Il Cavallo e la Torre» - e cercare le strade del cavallo, più inesplorate e imprevedibili, ma che possono portare a nuovi orizzonti.
Da questa versatilità e acutezza derivano le su originali annotazioni su Internet, sulla modernità della scienza che può arrivare a modificare l’uomo, sul bisogno incessante di comunicare con gli altri per capire e cambiare se stessi. Questa impostazione è anche alla base delle sue numerose pubblicazioni presso Einaudi tra le quali vanno segnalate: Il cavallo e la torre. Riflessioni di una vita (1991), Questo Novecento. Un secolo di passione civile. La politica come responsabilità (1996), Lettere della giovinezza (1998), Il tempo del sapere. Domande e risposte sul lavoro che cambia (con A. Ranieri, 2000), Passaggi (2000), Il silenzio dei comunisti (2002), La memoria è lunga (2003), libro di 80 pagine e video di 50 minuti; Le parole della politica (2008). Ha inoltre pubblicato Un dialogo, libro-conversazione con lo storico Carlo Ginzburg, nel quale si interroga sui rapporti tra socialisti, militanti del Partito d’Azione e Pci (Feltrinelli, 2003). Col figlio Renzo ha pubblicato il volume Noi europei, un dialogo tra padre e figlio (Fondazione Liberal 2008). Postumo è uscito il volume Le autonomie e il lavoro. Le lezioni di Camerino su antifascismo e sindacato (Ediesse, 2009).
"Con lui – ha scritto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – scompare una delle figure di maggiore integrità e spessore intellettuale e morale del Novecento".