Per una storia dei comunisti di Capitanata

di Michele Pistillo   /  Sudest, Numero 12, Gennaio/Febbraio 2006 /
Sulle pagine di questa rivista sono apparsi alcuni articoli di Mario Pio Patruno, che affrontano momenti importanti della storia dei comunisti di Capitanata nel dopoguerra.
Da tempo avevamo avvertito questa esigenza, richiamando l'attenzione e l'impegno di diversi amici e compagni in grado di avviare una ricerca seria, approfondita, documentata, la quale non fosse rivolta soltanto o prevalentemente alla vita interna del partito comunista, pur importante e da non trascurare, ma imperniata sui rapporti con le altre forze politiche, con l'economia e la società della provincia, con classi e ceti sociali che ne hanno costituito l'ossatura. Nel frattempo ho letto il volumetto che Patruno ha dedicato a Sabino Vania, con l’introduzione di Angelo Rossi.
Tra questo libro e gli articoli vi sono diversi aspetti e punti di collegamento. E di questo fatto non si può non tenere conto.
Gli articoli che abbiamo letto sono, a mio avviso, un primo approccio all’esigenza richiamata e vi corrispondono in parte. Ma è un primo avvio e questo è senz'altro un fatto positivo. Si tratta, sicuramente, di parti di un lavoro più organico che ci auguriamo presto veda la luce. In questo modo saremo posti nella condizione di capire meglio episodi e giudizi appena accennati e che meritano certamente una trattazione di ben altra mole e spessore.
Mi sia consentito, intanto, di svolgere qualche considerazione su quanto è già stato pubblicato. In un articolo Patruno si occupa dell'organizzazione sindacale in provincia di Foggia nel primo dopoguerra.
Qui è da ricercare un primo serio limite dell'azione del partito comunista tra il 1943 e il 1946. Il fatto è che Allegato ed il gruppo di dirigenti comunisti che operavano con lui dettero quasi sempre una maggiore preminenza all'organizzazione del partito.
Mi si perdoni un’autocitazione: nel 1971, nella mia Introduzione alle memorie di Luigi Allegato ("Socialismo e comunismo in Puglia") annotavo che vi era stata una tendenza “subito dopo la caduta del fascismo, a vedere fondamentalmente nel partito una potenzialità ed una capacità di rappresentazione globale degli interessi della classe operaia, dei braccianti, del popolo.
Questo ha fatto sì che in parecchi comuni della Capitanata, dopo il '43, la sezione del PCI sorgesse prima della Camera del Lavoro e in certi centri quella del partito preesiste all'organizzazione sindacale, per quella continuità di azione che il partito nelle "isole rosse" ha avuto durante il fascismo”. Ancora nel 1970-71 a Cerignola, la patria di Di Vittorio, avevamo 5.300 iscritti al partito, contro i 3.600 della Camera del Lavoro.
Qui è rintracciabile un primo elemento della forza dei comunisti di Capitanata, ma anche di debolezza nel rapporto con altre masse, non organizzate nel partito.
E, in primo luogo, i ceti medi contadini, gli artigiani, i ceti professionali e intellettuali.
 
In un altro articolo Patruno fa bene a riprendere, con una certa ampiezza, le critiche che Grieco rivolgeva ai dirigenti comunisti di Capitanata e, in primo luogo, ad Allegato, a proposito della questione della riforma agraria e dell'accesso alla terra di grandi masse di braccianti.
L'invito rivolto a tutti noi da Grieco, aveva lo scopo di superare l’angustia provinciale e regionale nella quale operava il partito, a porsi il problema delle "riforme di struttura", in primo luogo quella agraria e contadina come una grande questione non solo economica e sociale, ma di civiltà, di cultura, di nuovi e più ampi legami e un respiro non più chiuso, anche se combattivo, ma aperto a ceti, a forze nuove (e qui dette largo spazio alla questione femminile e giovanile). Solo nella seconda metà del 1951 e in tutto il 1952 superammo una parte del ritardo che avevamo, portando la provincia di Foggia ad un livello più avanzato.
In una storia dei comunisti di Capitanata, questo è un punto chiave.
Una buona documentazione, non unica, è nella pagina regionale dell'Unità che allora si pubblicava, oltre che negli archivi della Commissione agraria del PCI. 
Nell'articolo “Giuseppe Di Vittorio e il X congresso Provinciale del PCI di Capitanata (25 - 27 novembre 1956)”, tutta la materia attinente ai fatti d’Ungheria e al Congresso stesso è trattata in maniera non solo troppo sommaria ma con giudizi che meritano qualche precisazione.
Patruno richiama la mia biografia di Di Vittorio (III vol., cap. V.) ed afferma che “Pistillo richiama solo una parte della verità, sicuramente più nobile ma minoritaria” riferendosi ad un esplicito dissenso dalla linea del partito e dalle posizioni espresse più volte da Togliatti e sancite dall'VIII Congresso del PCI, di un gruppo di compagni di Foggia (Vania, Rossi, Colangelo Rocco e qualche altro). In primo luogo tutto il capitolo "Il terribile 1956" ha un carattere nazionale, non entra nel merito di questa o quella realtà locale (tra l'altro, molto diverse tra loro), non parla di Foggia, né di Bari e la testimonianza di Pasquale Panico da me voluta e scritta riguarda soprattutto il sindacato. Ad essa, infatti, si accompagna la testimonianza del segretario della C.d.L. di Milano.
Nel 1956 non ero a Foggia e avevo la mia gatta da pelare in una situazione complessa e difficile, mentre diverse nostre sezioni e la stessa Federazione di Bari venivano attaccate da bande di fascisti e di scalmanati. Del resto, come ho già detto, le situazioni locali erano molto diverse tra loro. A Roma ci fu una larga opposizione di intellettuali contro la linea Togliatti e di sostegno a Di Vittorio.
A Bari i nostri intellettuali (non erano molti, ma erano di grande prestigio e autorevolezza (Fabrizio Canfora, Renato Sciorti e un nutrito gruppo di studenti guidati da un giovanissimo Beppe Vacca) presero posizione a favore della linea del Partito.
Ci fu un episodio significativo: l'editore Diego De Donato, molto noto a Bari e a livello nazionale, avanzò domanda di iscrizione al partito, rispondendo così alla ignobile campagna anticomunista scatenata per i fatti d’Ungheria (“l'Unità” del 23/11/1956).
Al Congresso provinciale del PCI di Foggia (1956), presente Di Vittorio, Vania si limitò a chiedere il voto segreto, secondo la testimonianza di Angelo Rossi una maggiore democrazia, ma non differenziò la sua posizione da quella del resto del partito in Capitanata.
L'unico intervento richiamato da Di Vittorio (lo rilevo dagli appunti, inediti ancora, del suo ampio discorso), fu quello pronunciato da Luigi Conte ("Comp. Conte, notevole contributo alla discussione, denunciando mentalità prevalente, secondo cui, solo strati lav. braccianti e più pov. sarebbero nostra base. No!").
Purtroppo io ho cercato, ma non ho trovato, nella cartella del 1956 della Federazione di Foggia, presso l’Istituto Gramsci, che poco materiale.
Vi è la relazione di Gentile che non fa alcun riferimento ad una opposizione, per quanto minoritaria nel dibattito che si era svolto nella provincia, ed una breve relazione di Ossola (20-11-56), inviato dalla Direzione, il quale rileva che “vi è completo accordo con la posizione del partito”.Angelo Rossi, nella sua prefazione al libro di Mario Pio Patruno "Sabino Vania l'uomo, l'amministratore, il politico", in una testimonianza abbastanza tarda, parla di un gruppo che faceva di fatto capo a Vania, che esprimeva, non sempre chiaramente ed esplicitamente, il proprio dissenso. La testimonianza è abbastanza circoscritta: non c’è rottura col partito; c’è la esigenza di discutere, porsi interrogativi, cosa abbastanza diffusa in tutti noi a quell’epoca.
Di più di tanto non ho mai sentito parlare, dopo il mio arrivo a Foggia nel luglio 1962, né ci fu mai il collegamento di fatti e politica (o iniziative persecutorie!) alla vicenda richiamata per i fatti d’Ungheria.Di questo dissenso sui fatti d’Ungheria non si parla nella relazione di Gentile (che si può leggere integralmente) né vi è alcun riferimento negli appunti dell’intervento di Di Vittorio.
Lo stesso Rossi, nella sua Introduzione al libro dedicato a Vania, riferisce che questi intervenne essenzialmente per porre la questione del voto segreto. Né vi è alcun riferimento a questo dissenso nei verbali integrali dell’XI e del XII congresso della Federazione di Foggia. Vania non interviene nel dibattito che ebbe luogo nei due congressi (il primo ebbe luogo il 15-16-17 gennaio 1960, con Martella segretario; il secondo, il 18-19-20 novembre 1962 con il sottoscritto segretario). Al XII congresso, nel dibattito generale, intervengono Giacinto di Leo (verbale, pp. 56-57) il quale parla sempre di “nostra linea”, riferendosi a quella dell’VIII Congresso e altrettanto fa Rocco Colangelo, che parla per la FGCI (verbale, pp. 69-70). Angelo Rossi interviene solo per sostenere la necessità del voto segreto, sulla relazione della commissione elettorale. Vania, nella discussione sulla relazione della commissione politica, svolge un breve intervento per chiedere che sia “più sviluppato il concetto di unità in riferimento al nuovo settarismo (verbale, p. 104).
Quanto alla esclusione della Di Bello dal C.F., non è stata inclusa, e con lei Angelo Portone, su loro richiesta. Erano legati sentimentalmente e presto partirono per Roma. L’Ungheria non c’entra affatto, contrariamente a quanto pensa Patruno. 
La elezione di Sabino Vania a Presidente dell'Amministrazione provinciale nel marzo 1964, che fu un'importante iniziativa politica, e che dette al buon Sabino l’occasione di dimostrare tutto il suo impegno e le sue capacità, viene presentato da Patruno e nel libro che ho richiamato, in modo distorto e non rispondente al vero. Pasquale Panico, non so come abbia escluso"categoricamente che Togliatti fosse stato in qualche modo coinvolto nella vicenda dell'Amministrazione provinciale di Foggia". Non solo ho dato il massimo appoggio all'iniziativa, in quanto segretario della Federazione, col consenso della Segreteria e del C.D., ma tutta l'operazione fu condotta d'intesa con Reichlin, allora segretario regionale del PCI.
Quanto a Togliatti, io ho preso parte ad una riunione della Segreteria del partito (presenti Togliatti, Pajetta, Amendola, Ingrao) a Roma, alla Camera dei Deputati. Spiegai come stavano le cose e alla fine Togliatti ci chiese di andare avanti. Fu incaricato Ingrao di parlare con Reichlin che aveva qualche perplessità. Durammo un anno, fino al marzo 1965, e Vania condusse, in collaborazione stretta e leale con me e gli organi dirigenti del partito, tutta l’operazione.
Chi vuole conoscere meglio come andarono i fatti può trovare utili riferimenti in un articolo di Angelo Rossi su “Puglia” (15 febbraio 1963), in altri due di Michele Pistillo (“Puglia” del 15-4-1963) e sempre su “Puglia” (15-4-1964) dal titolo “Programma e significati della Giunta PCI-PSIUP”.
Panico dette un contributo importante, soprattutto dopo la formazione della Giunta di sinistra, non dimenticando che a quell’epoca era segretario provinciale della C.d.L. e, quindi, molto impegnato nel sindacato. 
Arrivai a Foggia, dopo una lunga chiacchierata con Salvatore Cacciapuoti, il quale mi informò della situazione creatasi dopo la malattia e la morte di Paolo Martella. Non ero molto contento di questa nuova destinazione. Avevo fatto per 3 anni il vice-segretario della Federazione di Foggia, dalla fine del 1951 all'aprile 1954. E senza un giorno di riposo ero passato, su richiesta della Direzione, a Bari: segretario dal 1955 fino al 1962. Dieci anni di lavoro continuo in due Federazioni! Posi una sola condizione: che il mio arrivo a Foggia non spaccasse il gruppo dirigente. Dopo contrasti, litigi, posizioni espresse non sempre con limpidezza, con alle spalle una grande sconfitta elettorale alle amministrative del 1962, alla vigilia delle elezioni politiche, con diffusi appetiti elettorali, la grande maggioranza del C.F. e della C.F.C. (un solo voto contrario e 5 o 6 astensioni. Altrove era successo di peggio!) si espresse per affidare a me l'incarico di segretario della Federazione di Foggia. Prevalse in tutti il senso di responsabilità e di unità. Lo considerai un onore, ma anche un onere gravoso e difficile. Patruno non sa molto, da quanto ricavo dai suoi articoli, della reale situazione della Federazione. La lunga malattia e poi la morte di Martella aveva creato una lunga vacanza di direzione. Molti compagni volevano (e alcuni lo fecero col nostro consenso) abbandonare il lavoro di partito.
A San Severo il partito si era spaccato in due.
A Cerignola le cose andavano piuttosto male. Stavamo per perdere la sede della Federazione per mancanza di soldi e gli arretrati ai funzionari dell’apparato erano di là da venire. Un quadro terribile e allucinante.Lentamente, tra grandi difficoltà, ci muovemmo per guadagnare la fiducia dei compagni, seguendo la linea di non perdere energie, ma cercando di rinnovare senza creare grandi fratture.
Bisognava unire e fare politica. Il XII Congresso che si svolse nel novembre del 1962, presente Luciano Romagnoli, segnò l'inizio di un difficile processo unitario che doveva durare molto tempo. Al XII Congresso furono eletti nel C.F. oltre a Sabino Vania, Angelo Rossi, Rocco Colangelo e Franca Fulgaro. Nessuno doveva essere escluso per le sue posizioni passate. L'unico che perdemmo, per sua responsabilità, fu Ruggero Laurelli, che poco dopo passò al PSI. E fu un bene!Un altro risultato importante lo ottenemmo alle elezioni politiche del 28 aprile 1963: il partito prese il 35% dei voti e questo ci dette slancio e fiducia. Nessuno fu inviato "al Purgatorio" come crede Patruno (Giacinto Di Leo, non fu inviato a Mosca, ma chiese ed ottenne il nostro consenso per assumere un lavoro in non so più quale città del nord).
Solo, mi pare di ricordare, tra la fine del ’63 e i primi del ’64, d’intesa con la Direzione e con Reichlin andarono a Mosca, col loro consenso, Angelo Rossi, Montingelli e Francavilla. Rossi rientrò, per ragioni familiari, dopo qualche mese. Montingelli è ancora a Mosca. Francavilla ha sempre lavorato nel partito fino al suo scioglimento. Anche qui, l’Ungheria non c’entra niente. Ci era stato chiesto dalla Direzione di inviare dei giovani, non sposati e senza grossi problemi familiari.Mi fermo qui. Ci sarebbero da dire molte cose.
L'essenziale è, come dicevamo all'inizio di queste note, la ricerca seria, la testimonianza confrontata e controllata, la documentazione. Diversamente ci si affoga nel pantano delle illazioni, delle falsificazioni storiche, talvolta con le migliori intenzioni di questo mondo e lo si voglia o no, rinfocolando vecchie e mai superate contrapposizioni e vecchi contrasti, che non erano sempre soltanto politici.

Email

Copyright © 2009-2017 fondazione vittorio foa. Tutti i diritti riservati.